Ep. 9
La sua figura apparve nel mare intorno alla tarda mattinata, ancora piccola a causa della grande
distanza. Si muoveva molto lentamente. O forse era veloce, e la distanza era considerevolmente
maggiore di quanto si ingannassero gli occhi delle bestie isolane, non abituate a pensare ai grandi
numeri e ai grossi spazi e a quanto deserta fosse quella viva pianura grigia del mare davanti a loro.
Toccò terra nel pomeriggio, sebbene nulla nel cielo nuvoloso e biancastro fosse cambiato dall’ora in
cui era apparso per la prima volta. Erano trascorsi, secondo la memoria delle bestie, già due
millenni dall’ultima volta in cui dall’oceano era giunto un viaggiatore, e aveva preso dimora in
questo territorio, e vi aveva vissuto, come se non fosse il luogo freddo che appariva, in cui nessun
essere sarebbe potuto sopravvivere. Ma ormai ci si trovava. Probabilmente per sua scelta. Lo aveva
cercato. E loro tutti sarebbero stati pronti ad accoglierlo. L’istinto aveva loro raccontato di lui, come
leggendo a un lume acceso dentro una caverna da un libro appartenente a tutti, e preparati lo
aspettavano, dalle scogliere e dalle colline lo osservavano strisciare sulla sabbia del primo tocco.
Ciò non significa che anfitrioni o ambasciatori si precipitassero a offrirsi d’accompagnarlo.
Semplicemente osservavano mentre dalla spiaggia risaliva il pendio antistante il molo. Avrebbero
però aspettato che li raggiungesse prima di avviarsi, tutti quanti, al centro dell’isola, dove poi si
sarebbero svolte le cose. E di questa pazienza mite, degna dei membri di un gregge, bisognava
render atto a tutti gli animali dell’isola -che presto sarebbe diventata un “regno”. E i suoi sudditi
sarebbero stati la gente cogli zoccoli e i quattro stomaci, e i piedi palmati e le pinne per sospingersi
nelle acque profonde, e le riserve di grasso per tollerare le correnti fredde, e le mammelle e le cavità
ovipare, e gli sguardi che a volte s’immobilizzano e stolidi scrutano il mare senza scorgervi nulla,
soltanto come congelati dallo stesso fenomeno che da queste parti spesso pietrifica l’aria
conferendo alla terra e alle acque lo stesso colore del vento dal soffio pressoché costante, ma non
sempre -a volte di brusche impennate acute, a volte spento, anche lui forse in momentaneo arresto
ad ammirare estatico le onde.
Il visitatore sconosciuto lentamente arrancava lungo il pendio erboso, superando senza più voltarsi
le masse di sabbia sospinta dalla brezza marina, i ciuffi d’erba più alta che adornavano certe
irregolarità del suolo, e alcuni strani arrangiamenti di sassi bianchi disposti nel prato come a
simbolizzare uova o rune indecifrabili. Le bestie posizionate nelle prime file distinsero le sue
caratteristiche, videro com’era fatta la presenza attesa, “Il Ladro”, Scassinatore, Santo, colui che
avrebbero celebrato e incoronato nuovo e illustre abitante dell’isola, regno, terra chiusa. L’enclave
loro esisteva laggiù, distante da tutte le altre coste, come un pascolo o fattoria galleggiante nel mare,
e un individuo nuovo marciava su per la collina quasi con il fare di un pastore.
Riconobbero i segni: indossava una scura e usurata t-shirt di un’antica band, sotto il logo la stampa
quadrata e un po’ appiccicosa della copertina della loro opera più acclamata da critica e pubblico. A
un primo sguardo si intuiva come si trattasse di uno di quei capi che il possessore ha per un certo
periodo indossato quasi ogni giorno, come pigiama e come veste da casa e come identità
provvisoria per uscir fuori -ma raccontavano anche, le sue pieghe, che un tempo era stata sfilata,
brutalmente sostituita da altre innumerevoli pelli susseguitesi in tanti anni, dimenticata in fondo a
un cassetto e infine riscoperta e fatta riaderire al corpo da cui era stata separata. I pantaloni erano di
colore abbinato, nero con squame verdastre. Portava un passamontagna nero che gli ricopriva tutto
il volto eccetto che per labbra quasi invisibili, pupille di occhietti miopi ma con qualcosa di