chiamare nomi. Abbini, Alberigi, Albini, Astorocchi, Atterra, Aqquadifosso, famiglia Barré… A un
certo punto un grigio ragnetto peloso, dall’aria piuttosto scocciata, uscì dalla folla incontro a
Monica a farle presente che per quanto riguardava i ragni si faceva prima a dire chi ci fosse e che a
passare in rassegna tutti i nomi si sarebbe fatta notte. Subito dopo lo imitò un vermetto della
polvere, curvo sotto il suo ombrello di carta, e insieme a Monica guardarono sulla buccia di
mandarino mentre lei si limitava a mettere delle spunte di fianco ai nomi che le sussurravano. Dopo
questa interruzione, al Bonella parve il caso di accelerare un po’ i tempi, più spavaldamente diretto
al dunque per quanto complicato, come un predatore invecchiato che si decide a balzare nonostante
il timore di fratturarsi qualche osso.
-e allora, gente, quello di cui avevate sentito parlare nei giorni passati corrispondeva a verità.
Abbiamo convenuto-, diceva riferendosi a una non meglio precisata cerchia di decisori, forse
comprendente gli stessi gnomi e il folletto di prima –che la sala facesse al caso nostro, come spesso
accade, ma non tanto per i soliti motivi. Ebbene sì, servirà fare una materializzazione di quei vecchi
marchingegni che una volta vedevamo proprio qui, quelli delle gite di lusso e dei passatempi
domenicali. Capisco che ne sia passato di tempo, certo, ma contavo sull’aiuto di alcuni di voi pratici
di faccende d’ingegno e tecnica per ricreare nel dettaglio il ricordo di quei macchinari; alludo per
esempio a voi, Scovenzani, Marchetta, Frolla e compagnia; e, dicevo, con le vostre conoscenze, non
dovrebbe essere particolarmente…
-mi scusi, Bonella-, interruppe una voce nasale da papero, da una delle prime file, avente una certa
punta ardimentosa inaspettata nel rivolgersi al Bonella –sono io, Verrante, qui. Scusi se mi
permetto, ma nel concreto, di che si sta parlando? Il treno, l’aereo? Non si sarà mica fatta una
riunione, appena un mese e mezzo dall’ultima, per decidere di farci tutti insieme la villeggiatura?
-Cerasi, Crocetta, Cumulo…-, continuava intanto Monica. Verrante era uno gnomo alto che soleva
indossare una specie di copricapo marrone scuro, simile a una bombetta. Il Bonella gli scrutò
l’animo dalla distanza: la barba argentea rada e acuminata sul viso gli dava l’aria, ogni volta che si
metteva in testa di dire la sua (non era infatti chissà che novità), di essersi fatto strada tra la folla a
colpi di pelacci fendenti apposta per farsi sentire. Il Bonella trattenne a stento un’alzata di spalle, e
con pazienza si dispose in modo da rispondere alla cascata di domande che sarebbero zampillate di
lì in poi. Giusto, non si aspettava che cominciassero ad aver da ridire così presto, praticamente
subito. Di sottecchi raccolse un po’ di comprensione da Monica, sommessamente si incitarono a non
mostrarsi per nessuna ragione, in nessun momento dell’assemblea, scoraggiati o stanchi.
-ah, Verrante. No, beh, penso sappiate tutti che non si tratta di questo. E mi auguro che, col tempo
che stringe, vogliate confidare nella nostra serietà quando chiediamo partecipazione in questi eventi,
sempre che abbiate l’intenzione di collaborare e non fare domande inutili. Se fosse serio,
significherebbe che ci crede tanto frivoli da indire un’assemblea e scocciare tutti quanti per un
motivo futile, non trova? Perciò la intenderò come una domanda retorica, già, dev’essere per forza
così.
Aveva preso un certo tono insinuante minaccia, ma non perché fosse nervoso. Era la verve che non
bada a eccessive gentilezze tipica del Bonella, la sfoderava con naturalezza senza che fosse in
risposta a un particolare stimolo, doveva solo emergere prima o poi. E quando succedeva, a un po’
tutti tornava la voglia di starsene composti in riga. Certo Verrante non si era pentito di aver fatto la
sua domanda, ma un po’ intimidito ci era, con quel piccolo groppo in gola che sempre sovveniva nel