-Pavement. Perché tanto generosa tutt’a un tratto? Ti penti forse di quello che accadde “un tot” di
anni fa?
-pentirmene? Ah no! P..proprio no!-, ingarbugliava il discorso sempre concitato (dannati spiritelli
lunatici…). Un po’ se ne pentiva, in fondo. Spesso quelli della sua specie, lasciandosi sopraffare dal
travolgimento emotivo del momento, dimenticano che gli incantesimi lanciati sono irreversibili, e
solo quando si danno una calmata sono capaci di rendersi conto che simili misure possano risultare
un po’ eccessive. Si parla inoltre di creature orgogliose che in un modo o nell’altro riescono ad
autoconvincersi che non c’era proprio modo di impedirlo.
Occorre sapere che “Dindin”, quel gatto massiccio grigio e bianco, sempre col collare indosso, tanto
tempo fa era stato un essere umano. Proprio un essere umano, nato in una famiglia grande, tre o
quattro fratelli e sorelle, un padre e una madre, due nonni su quattro in casa con loro. Era andato
all’asilo, le elementari e via dicendo. Una volta era pure finito in una scazzottata, da vero randagio
di pessimo temperamento. Si comprò una macchina tutta sua, la lavava spesso. Gli era cambiata la
voce, parlava un po’ come suo nonno dicevano; dicevano pure che sarebbe diventato calvo o
stempiato. Aveva lavorato, si era sposato, aveva dei figli, amava farsi le sue passeggiate fuori città,
guardarsi qualche partita, leggere Hemingway, e intanto continuava ad ammonticchiare i vinili che
si comprava con i suoi soldi da quando era un adolescente con un lavoretto incastrato alle ore di
scuola. “Affinità Divergenze” etc. dei CCCP era stato il primissimo. C’era un tipo con un bel
negozio, gli consigliava le rarità e i nuovi arrivi dell’usato, non lontano da dove si recava ogni
mattina. Una buona cosa. Sigarette e musica le sue spese (suo malgrado dovette smettere, persa la
sua forma originaria). Si facevano delle vacanze in famiglia. Buona occasione per passeggiate.
Senonché con queste sue passeggiate e divagazioni, in vacanza o meno, aveva cominciato a
esagerare negli ultimi tempi, nessuno sa se per qualche motivo. Un giorno se ne era andato a
passeggiare e non si era fatto vivo per quasi una settimana, senza dire niente a nessuno. Poi quando
era tornato faceva come se fosse niente di che, e rispondeva arrabbiato a quelli che lo attorniavano
in lacrime: “e che vi prende a tutti? Uno grande e grosso non può starsene via neanche per un po’?”,
di conseguenza venne mandato al diavolo. Non intendevano sul serio, erano parole dettate dalla
desolazione. Ma lui ne aveva approfittato per prenderle sul serio e tornarsene a passeggiare fuori.
Inforcò giacca a vento, si infilò nella Suzuki (“c’è una cacata di uccello, dopo la lavo ma adesso mi
girano troppo”), si rassegnò a doversi calmare con la musica di un CD (di quelli ne aveva pochi) e
partì per la periferia. Iron Lion Zion. Un tramonto di fine Novembre, la terra scura ma non
abbastanza fangosa da lasciar segni sulle scarpe. Sulle sponde coltivano, pomodori, zucchine, più in
là raccolgono kiwi; l’edificio lontano è un agriturismo che conosce bene. Troppo vento, passa subito
la voglia di star fermi ad ammirare gli splendidi rossori del cielo. Fa avanti e indietro nervosamente,
la faccia da vecchio intrattabile, deambulata da leopardo in gabbia tutto immerso nei propri ruvidi
soffi. La spiritella, nascosta all’occhio umano, evocata dalla vita vegetale lì attorno, lo vede. Lui,
concentrato sui suoi pensieri, non la vedeva. Eppure si era resa visibile, ma continuava a darle le
spalle. Si sporgeva dai cespugli, curiosa, flettendo i rametti chiede loro scusa, un essere imbarazzato
ma dotato di una devastante forza interiore. Ecco, sta “arrossendo” (se avesse pelle per arrossire):
vuol dire che quella forza interiore, forse la sua rabbia, sta per uscire fuori; poi tornerà a essere
timida e imbarazzata come sempre, o ancor più di prima, in attesa del prossimo sbotto. Lunatici
esseri. Insomma, si arrabbia: “Chi si crede di essere, per combinarla così grossa ogni volta? E non
impara mai!”, così, non potendo sopportare cotanta maleducazione in un solo cocciuto bastardo,